La nuova campagna itinerante di Legambiente Veneto “Operazione Fiumi – Esplorare per Custodire” approda oggi sul fiume Livenza. Una campagna per conoscere, curare e valorizzare i corsi d’acqua e le comunità fluviali a partire da una fotografia puntuale di un tratto di fiume e dall’analisi dei dati ufficiali di Arpav. Operazione Fiumi si articola in 8 tappe nei mesi di giugno e luglio ed interessa le principali aste fluviali venete: Adige, Po, Bacchiglione, Brenta, Sile, Piave, Livenza e Fratta Gorzone, dove, in collaborazione con partner quali Comuni, Enti profit e no profit – si organizzano campi di volontariato di prossimità e azioni per esplorare i fiumi e scoprire il loro stato di salute.
Secondo i dati raccolti da Legambiente nei 5 punti monitorati lo stato chimico della Livenza è risultato in buono stato. «Preoccupano invece i valori di escherichia coli – batterio di origine fecale – presente in tutti i punti in quantità ben oltre il limite considerato da Arpav per le acque interne di 1000 MPN/100ml, in particolare in 3 punti al confine con il Friuli – a Navolè e Motta, più del doppio rispetto al limite allo scarico fissato a 5000 MPN/100ml – dichiara Anna Carozzani del team scientifico di Operazione Fiumi. Il ruolo delle attività agricole in questo caso ha evidentemente un grande peso, occorre monitorare con maggiore attenzione tali processi e minimizzare il loro impatto sull’ambiente». Rispetto alla presenza di rifiuti la situazione è generalmente buona con bassa quantità presente sia sulle sponde che in alveo.
È sufficiente lo stato geomorfologico nei punti di monte e insufficiente nella zona della Salute di Livenza e Caorle, «in questi ultimi in particolare hanno inciso la configurazione rettilinea artificiale dell’alveo e l’uso del suolo esclusivamente di tipo urbano o agricolo» spiega Anna Carozzani. Anche la funzionalità ecologica varia tra il sufficiente e l’insufficiente, con la presenza di specie invasive da monitorare. Il carico antropico, rappresentato dalle opere che incidono particolarmente sulla naturalità del fiume influenzando la portata liquida e solida, è infine risultato tra medio e basso.
Le analisi condotte da Arpav, che si sono concentrate sull’intero bacino idrografico dicono che: «lo stato chimico è risultato Buono in tutti i corpi idrici monitorati tranne che in un tratto intermedio del fiume Monticano per superamenti della concentrazione media annua di Nichel frazione biodisponibile e lungo il fiume Livenza di superamenti della concentrazione media annua di PFOS.
Tra gli inquinanti specifici sono stati rilevati alcuni superamenti dei valori medi annui previsti dalla normativa per gli erbicidi Glifosate e AMPA (prodotto di degradazione del Glifosate) interessanti i fiumi Livenza, Monticano ed il torrente Cervada.
Nel 70% dei corpi idrici monitorati il livello dei nutrienti è risultato Buono o Elevato. Il monitoraggio morfologico ha evidenziato condizioni da pessimo a moderato.
Se sul fronte chimico emerge uno stato buono del fiume, senza preoccupanti apporti di composti provenienti da scarichi industriali e civili, reflui zootecnici o fertilizzanti; sul fronte della contaminazione da escherichia coli – indicatore di contaminazione fecale – risultano all’opposto criticità importanti su tutti i punti campionati dai volontari di Operazione Fiumi.
Tutti 5 punti osservati risultano oltre il limite di qualità considerato da Arpav per le acque interne e in particolare in 3 punti il risultato doppia quello fissato dal limite di legge previsto allo scarico.
«La qualità della depurazione sul Livenza emersa dai risultati dei campionamenti è estremamente preoccupante: tutti i punti campionati hanno valori al di sopra del limite stabilito da Arpav per le acque di balneazione interne – dichiara Francesco Tosato, Portavoce di Operazione Fiumi – e seppure la balneazione nei fiumi del Veneto non sia consentita per legge, questi parametri sono un chiaro e inequivocabile segnale di allarme per il Livenza, che presenta anche 3 punti con valori superiori a 10000 MPN/100 ml. Una situazione grave e inaccettabile, alla quale urge porre rimedio aumentando i controlli sulle attività agricole e provvedendo a migliorare la rete fognaria e di depurazione, carente in territorio vasto e dispersivo». Gli altri indicatori della qualità del corso d’acqua sono sicuramente migliori e ci forniscono un’istantanea più rassicurante «anche se la forte antropizzazione dell’alveo e del territorio circostante si ripercuote sulla mediocre funzionalità geomorfologica ed ecologica, una situazione che richiederebbe un utilizzo più consapevole e attento del suolo» conclude Tosato.
«I dati sulla presenza di escherichia coli confermano la carenza di depurazione sul tratto a monte, la bassa friulana, che con un sistema di gestione delle acque inadeguato mette a repentaglio la qualità delle acque del fiume. Diversa è la situazione veneta ma il fiume viaggia da monte al mare, raccogliendo tutto ciò che trova nel suo percorso. Per questo serve uno sforzo coordinato su entrambe le sponde del fiume che non si limiti a guardare fino alla linea di confine amministrativo» aggiunge Maurizio Billotto, Presidente del circolo Legambiente Veneto Orientale.
Da tenere monitorata anche la questione rifiuti, che secondo Legambiente non va sottovalutata seppur il monitoraggio puntuale non abbia riscontrato negatività eccessive, dato che il fiume presenta evidenti difficoltà in occasione delle piene che scaricano enormi quantità di plastica e rifiuti in alveo e poi al mare e sulle spiaggie, dove purtroppo si continuano a riscontrare presenze di rifiuti ad ogni passo.
Infine la presenza di piante alloctone sta mettendo a dura prova la qualità della vegetazione riparia.
«A tal riguardo ci preme segnalare positivamente l’ottimo intervento realizzato dalla Regione Veneto con il progetto Interreg Grevislin con cui si sono rimosse ampie aree coperte da specie alloctone e posto a dimora, in golena, piante autoctone per consolidare la biodiversità e contribuire al consolidamento delle aree golenali. Un impiego dei fondi europei transfrontalieri che riteniamo utile coerente con le politiche dell’Agenda 2030» conclude Billotto.
Nel mese di settembre Legambiente renderà noti anche i risultati dei campionamenti effettuati per il glifosate, erbicida utilizzato in maniera massiccia in agricoltura da oltre 40 anni e del quale sono state già rilevate alte concentrazioni nelle acque superficiali.
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