L’indagine Beach litter 2018 di Legambiente ha monitorato 78 spiagge con 48.388 rifiuti rinvenuti in un’area complessiva di 416.850 mq (pari a circa 60 campi di calcio) e una media di 620 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia (lineari) campionata, 6,2 per ogni metro di spiaggia. Quello che si trova sulle spiagge italiane è soprattutto plastica (80%).
Oltre la metà dei rifiuti raggiungono le spiagge perché non vengono gestiti correttamente a terra. La cattiva gestione dei rifiuti a monte è, infatti, la causa principale del continuo afflusso dei rifiuti in mare. Ma non è la sola. Anche i rifiuti abbandonati direttamente sulle spiagge o quelli che provengono direttamente dagli scarichi non depurati e dalla cattiva abitudine di utilizzare i wc come una pattumiera.
Sul podio dei rifiuti più trovati lungo le spiagge ci sono i frammenti di plastica, ovvero i residui di materiali che hanno già iniziato il loro processo di disgregazione, anelli e tappi di plastica e infine i cotton fioc, che salgono quest’anno al terzo posto della top ten. Gli oggetti che si trovano praticamente in tutte le spiagge monitorate sono tappi e anelli di plastica (95% delle spiagge), bottiglie e contenitori di plastica per bevande (96% delle spiagge) e bicchieri, cannucce, posate e piatti di plastica (90% delle spiagge monitorate). Questi oggetti usa e getta di uso diffuso rappresentano un problema comune per tutte le spiagge.
Altro rifiuto molto diffuso sono i materiali da costruzione, presenti nell’85% delle spiagge monitorate.
L’indagine di Legambiente è una delle più importanti azioni a livello internazionale di citizen science, ovvero il risultato di un monitoraggio eseguito direttamente dai circoli di Legambiente, da volontari e cittadini, che ogni anno setacciano le spiagge italiane contando i rifiuti presenti, secondo un protocollo scientifico comune e riconosciuto anche dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, a cui ogni anno vengono trasmessi i dati dell’indagine per completare il quadro a livello europeo. Un’ esperienza unica che ogni anno fornisce dati ed elementi per denunciare una delle più gravi emergenze ambientali dei nostri tempi a livello globale, al pari dei cambiamenti climatici. I rifiuti marini hanno impatti su tartarughe, mammiferi e uccelli marini, filtratori, invertebrati o pesci, ossia tutti gli esseri viventi che vivono in contatto con l’ecosistema marino. Questi rifiuti possono intrappolare, ferire o essere ingeriti. L’ingestione dei rifiuti
di plastica, in particolare, provoca soffocamento, malnutrizione ed esposizione alle sostanze tossiche contenute o assorbite dalla plastica. L’ingestione della plastica è stata documentata in oltre 180 specie marine. Un recente studio coordinato dall’Università di Siena e condotto nel Tirreno settentrionale sulla tartaruga Caretta caretta, documenta l’ingestione di rifiuti di plastica nel 71% degli individui per i quali è stato analizzato il tratto gastro-intestinale. In 22 campioni sono stati trovati 483 frammenti di rifiuti marini, con una media di oltre 16 pezzi a campione.
Inoltre i rifiuti offrono un mezzo di trasporto alle specie aliene per raggiungere nuovi ambienti, al di fuori dei loro confini naturali, mettendone in pericolo la biodiversità, come riscontrato anche nel Mediterraneo. Su scala europea, secondo uno studio commissionato ad Arcadis dall’Unione europea, il marine litter costa 476,8 milioni di euro all’anno. Una cifra che prende in considerazione solo i settori di turismo e pesca perché non è possibile quantificare l’impatto su tutti i comparti dell’economia. In particolare, il costo totale stimato per la pulizia di tutte le spiagge dell’Unione europea è pari a 411,75 milioni di euro.
Ma il problema più grande è che i rifiuti non scompaiono. Dispersi nell’ambiente, si degradano ad opera di raggi UV, vento, moto ondoso e altri fattori, e si frammentano in pezzi sempre più piccoli, impossibili da rimuovere e da individuare: le microplastiche (frammenti di dimensione minore di 5 mm) hanno una via facilitata per entrare nella catena alimentare e contaminarla.
La soluzione richiede politiche e misure coordinate, che coinvolgano più settori (gestione dei rifiuti urbani, legislazione per la prevenzione dei rifiuti, plastici in particolare, sensibilizzazione e informazione sui corretti comportamenti individuali, settori industriali a partire dalla pesca, etc…), misure che puntano ad azzerare la dispersione nell’ambiente dei rifiuti plastici, con attività di prevenzione, incrementando il riciclo degli imballaggi e prevedendo anche misure per la messa al bando di alcuni materiali.
Per le buste in plastica l’Italia è all’avanguardia, con il suo bando iniziato nel 2013, che ha già permesso l’eliminazione dalla circolazione di quattro sacchetti non biodegradabili e compostabili su cinque. Bando implementato nel 2018 anche per quanto riguarda i sacchetti di plastica più leggeri, utilizzati ad esempio per l’acquisto dell’ortofrutta nei supermercati. Così come nel dicembre 2017 è stata approvato il divieto di commercializzazione di cosmetici da risciacquo contenti microplastiche, a partire dal 2020, e dei cotton fioc in plastica dal 2019. Per l’usa e getta di plastica, dall’Unione Europea stanno arrivando provvedimenti importanti che saranno discussi nelle prossime settimane, come la Direttiva sulla riduzione dell’inquinamento da plastica. Ad esempio, nel prossimo futuro i tappi potrebbero rimanere attaccati alle bottiglie, per evitarne la dispersione; per le stoviglie usa e getta si sta andando verso il divieto, a favore delle alternative compostabili che ad oggi esistono, ma che non devono essere una scusa per continuare a disperdere rifiuti nell’ambiente. In questa direzione va ad esempio la recente ordinanza firmata dal sindaco delle Isole Tremiti che obbliga, nel territorio comunale, ad utilizzare esclusivamente stoviglie monouso compostabili. È, inoltre, necessario avviare al più presto, a partire dalle zone più colpite, la rimozione dei rifiuti dai fondali marini, coinvolgendo i pescatori, con la messa a sistema del sistema del fishing for litter, e con la raccolta e il riciclo dei rifiuti plastici presenti sulle spiagge. A tal proposito lo studio preliminare realizzato da Legambiente, Ippr (Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo) ed Enea sulla riciclabilità del beach litter e la sua composizione sembra dimostrarne la fattibilità: la netta prevalenza di materiali termoplastici quali polietilene e polipropilene facilita infatti il recupero ed il riutilizzo del materiale spiaggiato. La soluzione richiede infine anche una nuova consapevolezza di tutti gli attori in gioco, cittadini, turisti, esercizi commerciali, operatori turistici, amministrazioni locali e regionali, con l’obiettivo comune di mettere in campo comportamenti virtuosi, buone pratiche di comunità, laboratori territoriali, regolamenti e azioni sinergiche e coordinate, per la riduzione dei rifiuti plastici e l’azzeramento della loro dispersione nell’ambiente.
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Beach litter 2018 Veneto
I numeri 2018:
2 spiagge monitorate
1565 rifiuti
Totale area campionata 15.000 mq
Una media di 783 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia (lineari)
SPIAGGE 2018:
In Veneto l’indagine Beach Litter è stata effettuata su 2 spiagge, quella di Marinoni a Venezia e Brussa di Caorle (VE).
Spiaggia Brussa: Area 10000 mq, totale Rifiuti 1116, di cui plastica 1069 (96%)
I materiali e le fonti
La plastica è il materiale più trovato, pare al 94% del totale dei rifiuti rinvenuti (maggiore rispetto alla media nazionale dell’80%), seguita da vetro/ceramica (2,4%), metallo (2,3%) e carta/cartone (0,4%).
La cattiva gestione dei rifiuti urbani è la causa principale della presenza dei rifiuti (29%), insieme a pesca e acquacoltura che sono i settori responsabili del 6% degli oggetti monitorati, (anche la media nazionale si attesta al 6%): reti, lenze, scatoline delle esche…non solo pesca professionale ma anche amatoriale. La fonte “carenza dei sistemi depurativi” è responsabile dell 1% dei rifiuti spiaggiati in Veneto (la media nazionale si attesta sul 10%). Gran parte dei rifiuti non sono, invece, riconducibili ad azioni o attività specifiche (64%).
In particolare i rifiuti derivanti dalla cattiva gestione urbana, per le spiagge venete, sono rappresentati da rifiuti derivanti da abitudini dei fumatori (principalmente mozziconi di sigaretta, ma anche accendini, pacchetti di sigarette e loro imballaggi) e da imballaggi alimentari. Sono considerati anche i materiali da costruzione, le buste di plastica e gli imballaggi non alimentari.
USA E GETTA
Considerando la “durata di vita” che hanno i rifiuti registrati dall’indagine Beach Litter di Legambiente è possibile evidenziare come la maggior parte di essi è stato creato per avere una vita breve. Se consideriamo le bottiglie di plastica (compresi tappi e anelli), stoviglie usa e getta (bicchieri, cannucce, posate e piatti di plastica) e buste in plastica tutti insieme abbiamo ben il 13% di ciò che costituisce un rifiuto sulle spiagge venete.
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