Apprendiamo dalla stampa che il presidente di Confturismo Veneto, Marco Michieli, ha dichiarato che la sola strada possibile per contrastare il caro energia e i costi crescenti, per famiglie e imprese, è la produzione di energia da centrali nucleari. Pale eoliche e impianti fotovoltaici sono invece, sempre stando alle sue dichiarazioni, insufficienti per gli obiettivi di diversificazione delle fonti energetiche.
Ricordiamo però a Michieli, e ai vari politici che periodicamente hanno rispolverato l’energia nucleare come panacea contro costi elevati, fonti fossili e cambiamento climatico, che la produzione di energia nucleare nel mondo, nonostante i proclami, dipende ancora da centrali nucleari di vecchia generazione, fino alla terza.
Ad oggi, non sono ancora entrati in funzione i reattori di terza generazione avanzata (le cui centrali sono in costruzione in Francia e Finlandia da oltre 15 anni) e la quarta generazione esiste solo sulla carta.
Non risultano quindi risolte tutte le questioni aperte lasciate dalla produzione di energia nucleare: la sicurezza, lo smaltimento delle scorie, il decomissioning delle centrali chiuse, la costruzione in Italia del deposito definitivo di superficie per i rifiuti radioattivi a bassa e media attività, il costo di produzione per kilowattora). Su quest’ultimo punto, centrale nell’affermazione di Michieli, ricordiamo che oggi il kWh di energia elettrica prodotto dal nucleare costa più del doppio dell’energia prodotta dal fotovoltaico o dall’eolico. Secondo il World Nuclear Industry Status Report, nel 2020 produrre 1 kilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico è costato in media nel mondo 3,7 dollari, con l’eolico 4,0 dollari, con il nucleare 16,3 dollari.
Inoltre, in merito alle tempistiche, la produzione di energia nucleare è del tutto inadeguata per fornire una risposta immediata alla richiesta di diversificare le fonti energetiche.
I progetti in corso in varie parti del mondo (Cina, India ecc.) non hanno le dimensioni per portare significativamente al di sopra del 2% la quota di consumi finali d’energia oggi spettante al nucleare, con costi che sarebbero fino a 10 volte superiori a quelli del fotovoltaico, come si è potuto registrare in recenti bandi UE confrontati con i costi della centrale nucleare di Hinkley Point (GB). Nella stessa Europa il peso del nucleare è caduto dal 17% al 10% dei soli impieghi elettrici, e come detto i reattori “III+” non vedono ancora la luce nei paesi in cui sono in costruzione. I reattori di IV generazione appartengono a un futuribile, del tutto fuori gioco rispetto alla data di riferimento del 2030.
Per quanto riguarda l’Italia, va considerato che l’uranio è una materia prima che dovrebbe essere importata dall’estero, ripetendo quindi le dinamiche già viste per il gas e il petrolio, e a differenza invece di sole e vento.
E’ inoltre necessario che i sostenitori del ritorno al nucleare indichino quale è il piano per la localizzazione dei nuovi impianti, coinvolgendo le comunità interessate. Dal momento che questi impianti richiedono enormi quantità di acqua, decisamente superiori a quelle necessarie per le altre fonti energetiche, la valutazione del sito non potrà non tenerne conto. Vista l’estate appena passata, queste decisioni appaiono fuori luogo, anche nel senso “geografico” di questa espressione. Quali località accetterebbero di sconvolgere il proprio equilibrio idrico, in un contesto già sempre più difficile?
Ricordiamo, infine, che oltre alle osservazioni motivate di scienziati, ricercatori e associazioni, contro il nucleare si sono espressi chiaramente anche i cittadini del nostro paese, con gli esiti dei due referendum nel 1987 e nel 2011.
Tornare a parlare di nucleare è un esercizio davvero inutile, nei tempi di risposta alla crisi climatica, nel contributo dato alla produzione di elettricità e nella riduzione del costo in bolletta.
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